“L’Italia da circa mezzo secolo s’agita, si travaglia per divenire un sol popolo e farsi nazione. Ha riacquistato il suo territorio in gran parte. La lotta collo straniero è portata a buon porto, ma non è questa la difficoltà maggiore. La maggiore, la vera, quella che mantiene tutto incerto, tutto in forse, è la lotta interna. I più pericolosi nemici d’Italia non gli Austriaci, sono gl’Italiani.
E perché?
Per la ragione che gl’Italiani hanno voluto far un’Italia nuova, e loro rimanere gl’Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ad antico il loro retaggio; perché pensano a riformare l’Italia, e nessuno s’accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro, perché l’Italia, come tutti popoli, non potrà divenir nazione, non potrà esser ordinata, ben amministrata, forte così contro lo straniero, come contro i settari dell’interno, libera e di propria ragione, finché grandi e piccoli e mezzani, ognuno nella sua sfera non faccia il suo dovere, e non lo faccia bene, od almeno il meglio che può. Ma a fare il proprio dovere, il più delle volte fastidioso, volgare, ignorato, ci vuol forza di volontà e persuasione che il dovere si deve adempiere non perché diverte o frutta, ma perché è dovere; e questa forza di volontà, questa persuasione, è quella preziosa dote che con un solo vocabolo si chiama carattere, onde per dirla in una parola sola, il primo bisogno d’Italia è che si formino gli Italiani dotati d’alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno verso il polo opposto: pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani”.
Con queste parole Massimo D’Azeglio, protagonsita del Risorgimetno Italiano, introduce il suo libro “I miei ricordi”.
Il libro, che consiglio di leggere (http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t207.pdf), è un racconto in cui, attraverso la narrazione della propria vita, D’Azeglio esprime una profonda amarezza sulla situazione italiana, dopo che, dall’esserne stato protagonista, ne osserva la realtà.
Seppur scritto 150 anni fa, è attualissimo. La drammaticità è proprio questa: il fatto che in tutti questi anni nulla è cambiato. Anzi, la situazione è andata peggiorando.
D’Azeglio evidenzia i veri limiti degli Italiani.
Innanzitutto chiarisce che la prima difficoltà è la lotta interna.
Effettivamente noi Italiani non facciamo mai fronte comune per difendere qualcosa o qualcuno, perché cerchiamo sempre di approfittare di qualsiasi situazione per avere un tornaconto. Difficilmente si vede qualcuno solidarizzare e affiancare un avversario quando questi propone qualcosa di corretto, o è in difficoltà pur essendo nel giusto.
L’Italiano, per definizione, è sempre anti qualcosa o qualcuno: antifascista, anticomunista, anti governo, anti TAV, anti juventino, anti interista, antitedesco, anti Europa …ma mai pro qualcosa. Probabilmente perché è molto più facile criticare che sviluppare, esporre o difendere una propria idea.
Questo atteggiamento ci ha condotto sempre ad “allinearci” con qualcuno, e di conseguenza, a farne dipendere le nostre decisione e le nostre azioni.
Tale secolare atteggiamento ha privato gli Italiani di una leadership propria e della capacità di essere propositivi ma soprattutto credibili, facendo credere agli altri, purtroppo spesso a ragione, di poterci manipolare.
D’Azeglio spiega tale comportamento con la dappocaggine e miserie morali, ossia le nostre diatribe di poco valore e merito e le meschinità morali che appartengono al nostro patrimonio
Pertanto, riempirci la bocca con le riforme quando queste non avvengono o fanno finta di esserci, allorché la inconcludenza di esse sono frutto della nostra incapacità di rigenerarci, risulta un esercizio tipico italiano: l’accusa reciproca.
L’autore identifica il problema nella mancanza di senso del dovere, che sebbene sia spesso fastidioso, bisogna farlo non per tornaconto, ma perché è un semplice dovere.
Egli sintetizza tutto ciò con la parola “carattere”, individuando in questo termine il segno identificativo di una nazione; da qui la sua conclusione che il primo bisogno d’Italia è che si formino gli Italiani dotati d’alti e forti caratteri.
Alti e forti caratteri.
Il carattere, il dovere, la necessità di fare le cose perché sono giuste. Le azioni nobili, forti e corroboranti.
La conclusione è triste: E pur troppo si va ogni giorno verso il polo opposto: pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani.
Noi dovremmo partire da qui, dal comprendere che il senso del dovere unisce e aiuta a superare le difficoltà, perché inseguire unicamente il proprio particulare (Guicciardini è sempre attuale) ci dà l’illusione di stare meglio, ma di fatto ci porterà a vivere in un paese disgregato, i cui valori non saranno nella convivenza e nel difendere la propria identità, ma nel ritirarsi nel proprio piccolo feudo.