Assisto allo scontro (mi piacerebbe dire dibattito) sulla questione dei migranti.
Il Governo, nella persona del Ministro degli Interni Salvini, sta adottando un politica di rigidità nei confronti degli sbarchi degli immigrati basandosi, soprattutto, sul presupposto, a mio avviso fondato, che dietro questo fenomeno ci sia essenzialmente un business, il quale lucra sulla disperazione delle persone e, di conseguenza, l’alimenta.
Ciò che mi stupisce, ma nello stesso tempo conferma la mia idea, è che i primi immigrati, quando venivano recuperati erano su barconi improvvisati, zattere, pescherecci, mentre oggi sono su gommoni nuovi, e spesso con già i salvagenti addosso!!
Inoltre, è acclarato, che le “cooperative” che gestiscono l’accoglienza degli immigrati prendono 35€ al giorno…. Guadagnandoci.
Non so in quanti hanno fatto il calcolo che gli immigrati dell’Aquarius sarebbero costati in un anno 8.035.475€!!
E’ vero che le vite umane non hanno prezzo, ma a quanto pare per chi lucra sugli immigrati, sì.
E’ evidente che siamo davanti ad un fenomeno inarrestabile.
La storia insegna che l’uomo migra sia per sua natura sia per istinto alla sopravvivenza, ma le questioni da affrontare sono diverse.
Innanzitutto l’Europa sta attraversando un periodo di crisi, e non soltanto economica.
In questi anni di recessione, gli europei hanno subito un impoverimento, soprattutto nell’area mediterranea, che li ha portati ad una esasperazione nei confronti di coloro ai quali imputa la loro condizione: Europa e governanti.
Il benessere e l’illusione di un futuro migliore per la prima volta non è più certo.
Inoltre, si ha la percezione che l’Europa sia un organismo non solo inutile, ma dannoso: con i loro burocrati, le loro leggi incomprensibili, gli egoismi nazionali. E la domanda che si pongono è: ma l’Europa non doveva renderci più forti?
Credo che nessuno possa affermare che i migranti siano profughi che scappano per questioni politiche (tranne qualche eccezione), per cui il problema da affrontare è l’accoglienza di persone che fuggono dai propri paesi con la speranza di trovare un mondo migliore.
La retorica riguardante i nostri antenati, che sono stati anch’essi emigranti dimentica spesso che i paesi dove emigravano sia nei primi del ‘900 sia nel dopoguerra (Germania, Belgio, Svizzera, Stati Uniti, Australia) erano paesi in forte sviluppo dove c’era esigenza di manodopera.
Ora la questione immigrati percepita come problema dai cittadini italiani riguarda essenzialmente la sicurezza. Vedere gruppi di immigrati bivaccare davanti alle stazioni, andare in giro a chiedere l’elemosina, vederli spacciare questo è ciò che gli italiani non accettano.
Coloro che dovrebbero capirli di più, ossia le classi meno abbienti, sono i più agguerriti proprio perché ci vivono accanto, ne vedono spesso l’impunità e i privilegi dell’assistenza, anche perché è facile fare gli altruisti quando si vive in quartieri, dove non c’è traccia di immigrazione.
Ma il punto nodale è un altro: il business.
Se non ci fosse un tornaconto, il fenomeno si sarebbe già fermato.
E’ bello pavoneggiarsi parlando di accoglienza e di diritti umani, ma quando si viene chiamati fare qualcosa sono sempre in pochi, e quasi sempre sono quelli che non fanno proclami ma agiscono, verso di cui provo molto ammirazione e stima.
Siamo un paese stanco, che non sopporta più nulla, che percepisce di essere arrivati ad un punto di non ritorno, che non crede più a niente e, soprattutto non tollera più l’ipocrisia.
L’ipocrisia di chi si riempie la bocca di “belle parole” così come sono riconosciute dalla buona società, ma che in realtà vive nel suo mondo ovattato, e spesso di privilegi, lasciando i cittadini in balia del disordine quotidiano.