Sicuramente qualcuno, dopo aver letto il titolo, avrà subito pensato: ecco un fascista!
No. Non sono un fascista, sono una persona che ama il proprio paese. Sono un italiano. E non bisogna certo essere fascista per amarlo.
Fatta questa doverosa premessa a favore degli idioti, posso passare al contenuto di questo articolo e spiegarne il titolo.
Per chi non lo sapesse, spero in pochi, il 17 marzo 1861 fu proclamata l’Unità d’Italia, dopo la conclusione della Seconda Guerra d’Indipendenza e la Spedizione dei Mille di Garibaldi.
Mancavano ancora Roma e il Triveneto, che sarebbero poi arrivati: il Veneto nel 1866, Roma nel 1870 e Trento e Trieste, nel 1918, con la Prima Guerra Mondiale.
Oggi le feste che celebrano il nostro paese sono due: il 2 giugno, Festa della Repubblica, ripristinata il 2011 per volontà del presidente Ciampi, e il 25 Aprile, Festa della Liberazione (o come spesso viene chiamata della Resistenza).
C’era un’altra festa, che fu abrogata, ed è la festività del IV Novembre, giorno della fine della Prima Guerra Mondiale, che celebrava le Forze Armate. Venne tolta nel 1976, ufficialmente per l’austerity, ma in realtà per le pressioni sessantottine sull’obiezione di coscienza.
A queste influenze non si è sottratto, purtroppo, nemmeno il 25 aprile.
Nata per celebrare un momento importante della storia italiana, nel corso del tempo, prima è diventata la festa dei partigiani, poi è diventata la festa di una parte di partigiani, per finire con l’essere, il 25 aprile, l’esclusiva di un’area politica, e quindi, conseguentemente per esclusione, coloro che non appartengono ad essa, sono reputati fascisti, essendo la data il ricordo della liberazione dal nazi-fascismo.
Siamo onesti: oggi la celebrazione del 25 aprile è stata ridotta ad una festa che serve a rivendicare una specifica appartenenza, la quale vuole attribuirsi la prerogativa di unica detentrice di alcuni valori; con il risultato che oggi è stata trasformata in una festa che divide anziché unire – contrariamente a ciò che una ricorrenza nazionale dovrebbe essere – alimentando, oltretutto, polemiche e discussioni inutili e stucchevoli.
Quando una festa deve celebrare una nazione non ci devono essere un distinguo e un colore, ma soltanto italiani e un “Tricolore”.
Il 2 Giugno credo sia la ricorrenza corretta per ricordare quanto accaduto durante il periodo fascista e la Seconda Guerra Mondiale, anche perché, con la proclamazione della Repubblica, cancellammo quelle esperienze; inoltre la Repubblica è di tutti (ci fu referendum!).
La proposta parte proprio da qui: l’obiettivo di una festa nazionale dev’essere la memoria, non una festa politica.
La memoria serve per creare unità e identità…..di tutti i cittadini.
Se il 4 novembre identifica la vittoria di una guerra e le forza armate (personalmente non ci vedo nessun male a celebrare anche questa ricorrenza), il 17 marzo ricorda il giorno in cui diventammo una nazione.
Questa ricorrenza non può creare divisione, perché non ci sono colori, perché risalente al 1861, e perché decreta la partenza dell’Italia contemporanea. E se qualcuno mette in dubbio ciò, allora siamo un paese destinato a dissolversi.
Il 17 marzo deve essere la nostra memoria!
La memoria è tutto nell’essere umano. Crea identità e appartenenza.
Un uomo senza memoria non è un uomo, ma solo un organismo vivente.
In un popolo, la memoria è l’humus, il cemento, l’elemento aggregante, che fa diventare nazione un popolo, perché si è nazione e popolo, se ci si lega al passato e a tutto ciò che ci ha portato ad essere quelli che siamo oggi.
Ma diciamolo chiaramente, e lo dico con dolore:
noi italiani siamo un popolo che non conosce la propria storia,
noi italiani siamo un popolo che non rispetta e non ricorda i propri eroi,
noi italiani siamo un popolo che non parla e, soprattutto, non ascolta i propri vecchi, dove per me vecchio non è una parola denigratoria, ma è simbolo di saggezza e memoria.
Quindi non possiamo stupirci di quello che accade oggi, e vi invito a non pensare soltanto alla politica, ma anche ai risvolti sociali, civili, e soprattutto morali.
Come si può pensare che si rispetti la cosa pubblica, se non se ne sente l’appartenenza? Attraverso quali valori, oggi, i giovani, e non solo loro, dovrebbero sentirsi parte di una comunità ?
Ma la memoria è anche la visita e la conservazione dei luoghi e dei simboli, che ci permettono sempre di ricordare le nostri radici.
Ma questi luoghi, spesso vengono ignorati, trascurati, abbandonati …. sono quasi di ostacolo, e quando parlo di luoghi e simboli mi riferisco a tutto ciò che ci fa sentire un popolo e che ci identifica come tale: i nostri eroi, i nostri poeti, i nostri palazzi, le nostre sculture, i nostri monumenti.
Ma ci siamo dimenticati di tutto ciò; perdendo la memoria stiamo perdendo, se non l’abbiamo già persa, la nostra dignità, la dignità di popolo, rendendo inutili i sacrifici e la speranze di chi lottò per fare, unire e riconquistare il nostro paese.
Oggi tutti inseguono il proprio “particulare”, per dirla con il Guicciardini, altro nostro simbolo, questa volta del XVI secolo.
Oggi ci facciamo scivolare tutto, un egoismo perverso ci conduce nel quotidiano. Non c’importa di nulla e di conseguenza non lamentiamoci se poi gli altri decidono per noi.
Per questo dobbiamo far diventare festa nazionale il 17 marzo al posto del 25 aprile…per riappropriarci della nostra identità, unire gli italiani e ripartire.
Il 17 marzo, equivarrebbe, simbolicamente, a ricostruire nuovamente l’Italia, dopo averla unita!
Grazie.
Walter