VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO
RE DI SARDEGNA, DI CIPRO E DI GERUSALEMME
DUCA DI SAVOIA, DI GENOVA, ECC., ECC., ECC.
PRINCIPE DI PIEMONTE, ECC., ECC.
Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato,
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo unico.
Il Re Vittorio Emanuele II assume per sè e pei suoi successori il titolo di Re d’Italia.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta degli atti dal Governo mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Torino addì 17 marzo 1861.
VITTORIO EMANUELE
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il 17 marzo 1861 del progetto di legge approvato il 26 febbraio dal Senato con due soli voti contrari e all’unanimità dalla Camera 14 marzo 1861 iniziò il Regno d’Italia.
L’iter parlamentare fu brevissimo: una sola seduta per ciascuna delle due Camere.
Il Parlamento era stato eletto il 27 gennaio 1861 con un larghissima maggioranza a favore del governo (Primo Ministro Cavour).
Il dibattimento fu comunque vivace, dove emersero, tra le altre, due critiche, a mio avviso importanti.
La prima, del Sen. Pareto, che contestò il titolo di “Re d’Italia” e non degli “Italiani”, perché delineava un imposizione autoritaria e di conquista e non un affermazione del popolo. Questa critica aveva in sé una sfumatura molto importante, ossia che il potere arrivava dal popolo.
La seconda, condotta dal deputato Brofferio, rimarcò che, il voler continuare a chiamarsi Vittorio Emanuele II e non I, rappresentava la continuazione della dinastia dei Savoia, ma, altresì, una conquista e non l’inizio di una nuova nazione. Tale affermazione venne poi confermata dalla continuazione della numerazione della legislaturaVIII anziché I
Indubbiamente, queste due critiche simboleggiavano già la miopia di una dinastia che, purtroppo, non sarà mai lungimirante e autorevole, ed il cui comportamento porterà sempre il nostro paese a vedere le autorità come entità estranee a se stesse.
Comunque l’Unità fu un processo, qualsiasi cosa possano dirne i detrattori, voluto dagli italiani.
Molti affermano che non si ricorda il processo unitario come folle di italiani che scesero in piazza a manifestare (affermazione non sempre vera, analizziamo il 1848…), ma nella storia sono sempre le minoranze a muoversi per stimolare la maggioranza.
Le motivazioni furono le più diverse: l’unità, la libertà, l’indipendenza, la giustizia sociale, l’emancipazione, la speranza in un futuro migliore, il fervore giovanile, tutte giuste, ma in ogni caso volute.
E pur vero che molti rimasero estranei da tale processo, e quelli che ne furono protagonisti, nel momento delle decisioni erano divisi, ma ciò non toglie la bontà dell’obiettivo e del risultato
Forse, il percorso più corretto sarebbe stata una Costituente, come avrebbe voluto Mazzini e gli altri, che avrebbe dato all’Italia un assetto, magari uguale, ma condiviso, dove la partecipazione avrebbe sancito l’Unità.
Si sarebbe iniziato un processo di educazione degli italiani, volto renderli consapevoli della portata politica e storica di tale avvenimento e non soltanto come formalizzazione di uno stato di fatto.
Di tale realtà ne fu consapevole Massimo D’Azeglio, figura di spicco e poetica del Risorgimento Italiano, che scrisse nel suo bellissimo libro I miei ricordi, la seguente frase , “il primo bisogno dell’Italia è che si formino gli Italiani”, ma di questo parlerò prossimamente.