Quintino Sella fu tre volte ministro delle Finanze delle Stato Italiano appena costituito (1862, 1864-65 e 1869-73), diventando simbolo e protagonista del storia delle finanze del nostro paese.
I problemi sul suo tavolo erano enormi : il debito, le spese di guerra e il controverso riassetto amministrativo.
Come tutte le situazioni di emergenze , le misure dovevano essere altrettanto e non guardavano soltanto l’aspetto economico.
La politica finanziaria della Destra Storica ispirata da Sella affrontò il problema, da lui valutato prioritario, quello del pareggio di bilancio, che si proponeva di raggiungere stabilendo un equilibrio tra entrate e spese ordinarie.
Egli si vantava di esaminare ogni spesa “colla lente dell’avaro” e che prese come suo motto “economia fino all’osso”, si basò così sulla riduzione delle spese ordinarie, mentre per quelle straordinarie si faceva largo ricorso al credito con il lancio di nuovi prestiti, su un inasprimento della pressione fiscale, attraverso l’incremento dei tributi esistenti e l’introduzione di nuove tasse e impose, che pesarono soprattutto sulle classi popolari: dazio di consumo, imposta sulla macinazione dei cereali (tassa sul macinato) imposta sui redditi di ricchezza mobile, perequazione fondiaria, e infine, sulla vendita dei beni demaniali e dell’asse ecclesiastico.
Sella era convinto di non avere alternative. Dal riequilibrio dei conti pubblici dipendeva la sopravvivenza immediata dell’Italia unita, ma anche il futuro. La stabilità finanziaria avrebbe portato ad un minore appetibilità dei titoli di stato a vantaggio di investimenti nei settori produttivi e nelle opere pubbliche.
E la rigorosa attenzione ai conti non venne meno neppure in periodi di campagna elettorale: in un discorso tenuto prima delle elezioni del 1867 disse che “ove sorgessero amministrazioni le quali cercassero d’illudere il paese sulla vera situazione, e non avessero il coraggio di proporre i provvedimenti indispensabili alla riduzione del disavanzo a limiti tollerabili, allora io le combatterò come micidiali alla patria».
Quintino Sella è stato il ministro della prima ricostruzione economica italiana, ha legato il suo nome a una politica di rigore nella finanza pubblica e di privatizzazioni che gli valse accuse di ogni tipo e, forse ancor più, a una politica di inasprimento fiscale che non risparmiò nessuno e colpì anche i consumi più popolari.
L’azione di Governo non fu immune da errori e eccessi, ma di sicuro protesse con il suo selettivo rigore un flusso necessario di investimenti, dall’istruzione alle infrastrutture fino alla cultura, per mettere le basi e avviare concretamente un sano processo di crescita.
Il suo obiettivo di risanare l’Italia non era volto all’aspetto economico, infatti volle rifondare l’Accademia dei Lincei e non solo in nome delle scienze fisiche e matematiche, ma anche di quelle morali, storiche e filologiche perché il patrimonio culturale italiano è ricchissimo e fatto di tanti valori ma va vissuto unitariamente. Sella era consapevole fino in fondo che la cultura è il biglietto da visita del Paese nel mondo e seppe investire su quel patrimonio anche in una stagione di sacrifici per tutti. Una lezione che non ha perso d’attualità
Fiducioso della scienza e nel progresso tecnico, vivamente interessato ai problemi sociali sollevati dall’industrialismo, favorì lo sviluppo del mutualismo e l’istruzione professionale.
Con pragmatismo cercò anche di sviluppare i fattori che riteneva necessari per la modernizzazione del paese: industria, infrastrutture, risparmio, credito, istruzione e cultura scientifica.
Fu un uomo con un forte senso dello Stato. Noto è l’aneddoto con cui disse ai propri famigliari, che fino a quando fosse stato nel governo, la loro azienda non avrebbe fatto affari con lo Stato.
Si rifiutò di alloggiare presso il ministero, asserendo: “Siamo borghesi, con famiglie borghesi, abituate modestamente, lontane dagli splendori dei grandi palazzi”, sicché “guai abitare nei palazzi ministeriali”. Applicava a sé quel sacrificio del potere che chiedeva agli altri come sacrificio contributivo. Occorreva dare l’esempio, prima di pretendere alcunché dagli altri. Il suo sentimento sociale si avvertiva anche nel ritenere che l’istruzione tanto più si spandesse in basso e in larghezza quanto più fosse alta, intensa, densa. Per questo, pregno com’era di spirito di ricerca, sempre favorì la spesa pubblica per l’istruzione, anche per l’istruzione superiore, le istituzioni culturali, gli alti studi, convinto che l’eccellenza dei vertici sarebbe servita a promuovere la base.
La fusione tra politica e scienza si avvertiva nella precisione con la quale studiava i bilanci pubblici, conscio che “la statistica è il buon senso ridotto a calcolo”.
Fondò il Club Alpino Italiano e la Società Geologica Italiana.
Uomini dell’Ottocento …. Il senso dello Stato
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